La chimica e la musica sembrano due realtà distinte e lontanissime, due “arti”: la prima, volta a descrivere la materia e le sue trasformazioni, l’altra, a suscitare emozioni a coloro che sono pronti ad ascoltare il messaggio delle note musicali.
Eppure, ad una attenta analisi, esse risultano fortemente interconnesse, soprattutto quando la prima viene chiamata in causa per preparare materiali innovativi ed efficienti, utili nella costruzione di strumenti musicali di alto livello.
Queste relazioni tra chimica e musica furono evidenziate in uno spettacolo che si svolse nel Luglio del 2014 presso il Castello di Lanciano, nel Comune di Castelraimondo, dove due Maestri, Vincenzo Correnti e Fabrizio Ottaviucci, diedero anima e suono ad 8 tesi da me presentate in qualità di docente di chimica ad UNICAM.
Dopo aver associato la chimica rinascimentale (l’Alchimia) al concetto di armonia, espresso molto bene nell’accostare il dolce paesaggio collinare delle Marche e le note della Danza delle Sibille del maestro Biondi, si analizzò la personalità del chimico-musicista Borodin, grande amico di Mendeleev (a cui si deve la Tavola Periodica degli Elementi), nonché autore delle danze Polovesiane.
Si tenne anche un concerto per clarinetto e orchestra, di Mozart, che servì per analizzare le possibili cause di decesso del genio di Salisburgo, morte talvolta attribuita ad avvelenamenti da mercurio o da antimonio.
Farmaci, veleni e sostanze chimiche sono spesso presenti nelle opere musicali del XVIII e del XIX secolo, specie in quelle di Verdi e di Donizetti.
Il “Campanello dello speziale” di quest’ultimo è una stupenda opera “chimica-farmaceutica”, ricca di ingredienti denominati anche con termini alchemici quali “butirro di antimonio”.
Forse la relazione più significativa tra chimica e musica è però quella riportata da Robert Zatorre, neuro scienziato della McGill University, che sostiene che i brividi che si originano in noi, prima e durante l’ascolto di brani musicali che ci emozionano, dipendono da una molecola che viene rilasciata nel nostro cervello e che si chiama “dopamina”.
I due virtuosi (Correnti e Ottaviucci) riuscirono, in effetti, ad emozionare il folto pubblico all’ora presente eseguendo un brano di un musicista bravissimo, anche se poco noto: Castelnuovo Tedesco (Lullaby, dalla sonata per clarinetto e pianoforte).
Il fervore emotivo aumentò ancor più quando si espose il connubio tra chimica della materia e i materiali utilizzati da Stradivari e Guarnieri del Gesù nelle loro opere d’arte. Il duo suonò un brano composto per l’occasione, utilizzando magistralmente aria e acqua per la trasmissione del suono.
Suono, abete rosso e feltri di grande qualità servirono poi per la costruzione di un magnifico pianoforte con il quale si presentò un romantico brano di Bizet.
La serata si concluse con un brano di Poulenc, paragonata ad una musica tonale, garbata, caratterizzata da ripetizioni, come esegiuta dal DNA: la conversione della serie dei 4 nucleotidi del DNA in note ha infatti di recente prodotto partiture e melodie che potremmo tranquillamente associare a Chopin.
Claudio Pettinari
nella foto: “Melodia cosmica” – Sinfonia n°1 per idrogeno e polveri – Mamo