UN EXTRAINNING ANCORA: Massimo Cardinali

Pro e contro dei social. Sui contro un giorno ci scriverò un libro. A favore, una delle cose è che permettono di rimettersi in contatto con amici e conoscenti che la vita aveva allontanato da noi, o noi da loro.
Qualche tempo fa, mentre scorrevo sulla home, vedo una foto con didascalia: “Parma Baseball Germal, 40° del primo scudetto”. E sotto il commento di chi l’aveva postata: “ Che peccato non esserci”.
Vado sul suo profilo e gli mando un messaggio privato: “Ciao Max, questo è il mio numero, lasciami il tuo che ci vediamo e mi racconti. Scrivo spesso di campioni dello sport che conosco e di te me s’ho scordato, ne siete troppi…ahahah…”.
Dopo qualche giorno è venuto a casa e ci siamo abbracciati dopo “appena” 30 anni dall’ultima volta che c’eravamo visti.

“Quanto m’è dispiaciuto non poter essere su a Parma quel giorno con tutti gli amici e i compagni di squadra con i quali ho passato gli anni migliori della mia vita.”

“Eh, posso capirlo. Chi più, chi meno, quando si ricordano le cose belle e i momenti speciali un po’ di nostalgia è normale, anche se personalmente ho cercato sempre di combatterla perché è un sentimento che schiaccia. Un conto è ricordare, un altro è concedergli cuore a quei pensieri. Ti bloccano in un tempo che non c’è più, invece preferisco andare avanti, dove non lo so sempre, però avanti.
All’epoca, anche se non esisteva face book, m’arrivavano notizie sulle tue performance tramite giornali o televisione, ma gli inizi? Mica so niente. Ero troppo occupato a correre dietro le ragazze…qualche volta anche davanti”.

“Eravamo occupati!…ahahah…..Quella del baseball è una passione che m’ha trasferito mio padre. Era un militare d’istanza ad Anzio, dove c’erano anche gli americani, dunque quando avevano tempo una partitella ce la facevano scappare. Nel ’59, quando avevo due anni, ci trasferimmo a Macerata, e dato che quello sport ormai era entrato nel suo DNA, coinvolse qualche amico e formò un squadra. Non esisteva ancora quella bella struttura che conosciamo. Quando non c’erano quelli del pallone, disegnavano un diamante con il gesso sul Campo Sportivo dei Pini, e lì si allenavano. Spesso mi portava con lui e prendere la mia prima mazza in mano fuuu…un gioco da ragazzi, ecco. Ho una foto in divisa che avrò avuto 5/6 anni, se vuoi te la mando tramite mail.
Per qualche anno alternai calcio e baseball, con la De Martino, andando bene in entrambi gli sport, poi nel ’74, a 16 anni, dovetti fare la scelta. Giocavo nella seconda squadra della Maceratese, ma in quell’anno retrocesse, e tutti quelli che giocavano con me andarono in serie D. Nel baseball avevo la strada più spianata, anche perché erano già due anni che ricevevo la convocazione in Nazionale under 18, in più un talent scout aveva proposto a mio padre di portarmi a Parma, che era notoriamente una delle squadre più forti in circolazione, e anche al Baseball Macerata sembrò l’opzione migliore. Mettici pure che a “convincerci”, più a papà che me, perché a me dei soldi non me ne fregava proprio niente, gli offrirono per la mia presenza in squadra 500mila Lire al mese più vitto e alloggio, quando lo stipendio di un impiegato di banca era precisamente la metà. In più, tanto per rimanere nel sentimentale, gli pagarono circa 6 milioni di Lire per il mio cartellino, l’equivalente di un piccolo appartamento.”

“Praticamente avevi trovato l’America”.

“In tutti i sensi perché proprio a Marzo di quell’anno, prima dell’inizio del Campionato, a me e ad altri due ragazzi considerati i migliori d’Italia, ci mandarono un mese in Florida, al Miami Dade Comunity College per uno stage. In quel periodo scendemmo anche in campo per 3 partite, come sparring partner, con i Baltimore Orioles, una delle più forti squadre della Major League americana, la MLB. Vennero a Miami perché a marzo da loro c’è la neve, nel Maryland.
Tornato a Parma iniziò il Campionato, e quell’anno facemmo secondi. L’anno successivo diventammo Campioni d’Italia con un record che credo non sia stato ancora battuto. Su 54 partite ne vincemmo 51. Ci ripetemmo nella stagione ‘76/’77, diventammo anche Campioni d’Europa. Nel ’78 ancora Campioni d’Europa vincendo la finale contro una squadra Olandese, i Tetramin Harlem, per 6 a 4.”

“Immagino che con tutti questi successi avevate portato il baseball ad una risonanza quasi popolare.”

“Ti racconto solo questa. Quando giocavamo a Parma sulle tribune sedevano ad ogni partita dalle 4000 alle 6000 persone, e considera che nel weekend ne disputavamo 3 di incontri. Il 60% del pubblico erano ragazze e donne, t’ho detto tutto!
Un sabato sera dovevamo incontrare il Nettuno in casa. Dato che eravamo avanti come punti nel Campionato, se avessimo vinto quella partita saremmo diventati automaticamente Campioni d’Italia. Quella sera c’era però anche la squadra di calcio che giocava una partita di Coppa Italia. Venne Callisto Tanzi in persona, allora presidente del Parma Calcio che giocava in B, a chiedere al nostro presidente se potevamo spostare la partita, altrimenti allo stadio non sarebbe andato quasi nessuno. Ovviamente la cosa non si fece, però per noi le cose andarono bene così perché un pajo di anno dopo cambiammo il main sponsor, da Germal, che era il gruppo dei fratelli Salvarani. World Vision prima, a Parmalat dopo, due aziende di Tanzi, appunto. Piccole soddisfazioni….”

“Non seguo il baseball, ma da quello che mi racconti, in quegli anni questo sport conobbe il periodo aureo. E adesso?”

“Tutto finito. Per gli italiani non c’è più trippa per gatti. Le squadre sono composte da americani, italiani oriundi ai quali concedono il doppio passaporto così possono giocare anche in Nazionale. E pensare che nel ’76, mi sembra, fui l’unico lanciatore italiano che comparve sulle emittenti americane mentre trasmettevano in diretta una partita di Champions che disputavamo contro una squadra svedese. Ora è tutto business, come in ogni sport.”

“ Bazzicavo già poco casa, però ricordo che dopo Parma tornasti a giocare nelle Marche, perché ogni tanto ci incontravamo. Come mai?”

“Perchéé…perchéé…..va be’. Avevo fatto domanda per lavorare in banca, non si può fare il giocatore di baseball a vita.
Un giorno mi telefonò papà dicendomi che ero stato accettato da un istituto, e che sarei dovuto tornare per frequentare i tre mesi di apprendistato. Il presidente del Parma mi disse: – Non ti preoccupare. Fai i tre mesi poi, appena ti assumono, ti faccio trasferire quassù -. Lui era anche dirigente di un’importante istituto finanziario, dunque aveva certi “poteri”. Qui conobbi quella che poi sarebbe diventata la mia prima moglie, eee…….non tornai su più. Continuai a giocare nella nostra regione per altri 8/9 anni, massimo in A2, poi arrivò il momento di dire basta, anche perché dopo tutte le esperienze vissute precedentemente, ormai non mi divertivo più.”

“Ora sono passati tanti anni. Lo segui ancora il baseball?”

“No. Primo perché non piace quello che è diventato. Ripeto, troppo business. Poi perché se torno con la memoria a quei tempi me pija male, perché mi chiedo: – Se avessi continuato con il Parma, dove sarei arrivato? – Rimango in contatto con i miei ex compagni di squadra, quello si, spesso ci sentiamo, ed ogni volta mi assale la nostalgia. Eravamo trattati da eroi. Tutti ci fermavano per strada, tutti ci invitavano, entravamo nei club privati da ospiti. I locali facevano a gara per averci la sera quando facevano musica. Eravamo delle star. Non sai quello che darei per tornare al ’76, anche un mese di quella vita, ma credo non si possa fare.”

Un romanticone l’amico mio. Più o meno è prerogativa di chi nello sport, o in altre attività, ha raggiunto alti livelli, perché se non ce metti core certi traguardi non li raggiungi. Poi c’è chi si protegge e non lo dà a vedere..invece Max è uno aperto, e forse questo lo mette più a repentaglio dii…dii…di morbidezze.
Tanto siamo già d’accordo. Uno di questi giorni mi carichi in macchina e andiamo a fare “merennetta”, vedrai che te se passa tutto….ahahah….

Un abbraccio Campione…A presto amico mio!

Mamo