IL TORRONE DI CAMERINO: di Claudio Pettinari

La tradizione vuole che il torrone sia nato a Cremona, anche se con ogni probabilità questo dolce ha origini arabe se non addirittura romane. Già Tito Livio descrive un alimento dal nome cuppedo, caratterizzato da grandi proprietà nutritive e per questo adatto alle lunghissime marce dei legionari, mentre Apicio, nel suo testo De Re Culinaria, riporta la ricetta di un dolce preparato con noci, miele e albume d’uovo, chiamato nucatum.

Due funzionari medici arabi, intorno al XII secolo, riportano invece le ricette di un dolce secco che anticipa il torrone da noi conosciuto: il chaloe (in arabo halawa), addirittura indicato come rimedio per febbri, tosse o dolori reumatici, e che viene preparato con noci, mandorle o pistacchi legate da miele e zucchero, e aromatizzato con spezie.

Questo torrone, ancor oggi si trova esposto nei mercati e bazar iraniani con il nome di halva. Talvolta il nome chaloe nei testi arabi è sostituito da cubaia, parola molto simile a cubaita (qubbayt = mandorlato) che è anche il nome più comune tra quelli utilizzati in Sicilia per definire il torrone, torrone che sembra sia stato portato nell’isola proprio dagli arabi Fatimidi.

Federico II di Svevia eresse Cremona tra il 1220 e il 1250 capitale del Nord-Italia. E’ noto il suo grande amore per la gastronomia araba ed è per questo che la comparsa del torrone a Cremona è stata da alcuni attribuita ad un cuoco islamico che accompagnava l’imperatore e che cucinava per lui nei tanti banchetti, feste e ricevimenti organizzati a Cremona anche per i propri familiari.

Il 25 aprile 1441 Francesco Sforza sposa a Cremona Bianca Maria Visconti: la tradizione riporta che il dolce nuziale fosse a base di albume e mandorle, preparato dal cuoco pugliese di Federico da Montefeltro.
Sembra che il dolce fosse modellato a forma di Torrazzo, torre campanaria della città, da cui potrebbe aver preso il nome il dolce.

E’ lecito immaginare che Costanza Varano, futura sposa di Alessandro Sforza, fratello di Francesco, assaggi a Cremona il torrone proprio in occasione di quelle nozze e abbia poi portato con sé i segreti di quella ricetta, e introdotto il dolce alla corte dei da Varano.

Tante notizie e curiosità sul torrone sono riportate su testi antichi pubblicati dal 1500 al 1800.
Questo dolce era difatti considerato in tutta Italia un prodotto di estrema raffinatezza e grande qualità, spesso distinto dal ciballo, torrone volgare di importazione e probabilmente sottoprodotto della lavorazione del torrone stesso.

Tuttavia fino alla fine del XIX secolo il torrone non aveva grande diffusione ed era preparato esclusivamente da fornai. Addirittura a Cremona, in quella che possiamo considerare la sua città di origine, sembra che solo nel 1881 nasca una ditta specializzata nella produzione del torrone. Incredibilmente invece a Camerino la produzione era iniziata prima!

Quando rientravamo a casa con la famiglia dopo una gita domenicale, arrivando da Muccia, mi meravigliavo perché sul muro di una casa all’entrata della città troneggiasse una scritta: OLIMPICO-Camerino: la città del torrone biondo.
Mi domandavo sempre che cosa significasse; non capivo che era invece una sorta di pubblicità.

La famiglia Bettacchi, proprietaria a Camerino del Caffè delle Arti, alla fine del XIX secolo aveva “trasformato” la propria pasticceria in un’azienda dolciaria produttrice appunto del ”Torrone Biondo”, i cui ingredienti erano solamente miele, mandorle, zucchero e ostie.

Il grande compositore Filippo Marchetti, amico del titolare Alberto Bettacchi, riuscì a far avere una scatola di torroni al re Vittorio Emanuele III, che lo apprezzò moltissimo tanto da donargli per l’occasione una spilla con le proprie iniziali. Nacque così anche lo slogan che definiva il torrone Bettacchi: “il re dei torroni, il torrone dei re”.

Non molto lontano dal laboratorio del Bettacchi c’era quello di Severino Francucci. Tra i due nacque una vera e propria competizione. Il Principe del Piemonte concesse al Francucci l’utilizzo dello stemma reale con la legenda “Brevetto della Real Casa”. Bettacchi ricevette premi a Marsiglia nel 1898 e a Parigi nel 1902, Francucci rispose con la medaglia d’oro all’Esposizione internazionale di Barcellona nel 1912.

Si racconta che da settembre a dicembre Severino Francucci si apprestava quotidianamente ai suoi caldai di rame, mescolava gli ingredienti noti a tutti (mandorle pelate, tritate e tostate, zucchero, miele millefiori, aromi naturali) e poi versava il contenuto di una boccetta scura, un liquido che costituiva il segreto del Torrone di Camerino, e di cui era il solo depositario. La miscela veniva poi amalgamata, posizionata in stampi di legno, stretta con morsetti e quindi spalmata con albume d’uovo montato a neve.

Se oggi il torrone di Camerino è uno dei dolci più amati a Natale ed è un dolce che contraddistingue il nostro territorio, questo lo si deve sicuramente allo chef pasticcere Paolo Attili che, rilevata Casa Francucci, a fianco al classico torrone ne ha creati altri aggiungendo ingredienti di grande pregio e producendo autentiche creazioni artistiche con cioccolato di qualità, spezie pregiate, miscele di caffè e liquori armonicamente amalgamati.

Il 6 gennaio 2014 Attili è anche rientrato nel Guinness dei Primati con un torrone lungo 713,13 mt.

Come chimico sono sempre stato interessato al torrone (anche perché Paolo Attili mi ricorda tanti valenti chimici che in laboratorio giorno dopo giorno eseguono reazioni alla ricerca del composto desiderato). Volevo capire perché già in passato si usassero alcuni ingredienti e perché fossero così importanti i tempi di cottura.

L’acqua ad esempio, ingrediente fondamentale per rendere la pasta lavorabile, deve anche fornire garanzie di igiene e quindi nel Rinascimento (anche nella produzione del torrone) veniva spesso usata come acqua di rose che, contenendo salicilati, aveva potere antiinfiammatorio e disinfettante.

L’acqua deve essere pura e ricca di ioni calcio che favoriscono la disaggregazione della pectina presente nella frutta candita. L’albume invece, costituito per quasi il 10% da proteine, grazie alle sue proprietà chimico-fisiche svolge tantissime funzioni in pasticceria: quando viene sbattuto incorpora tanta aria da aumentare il suo volume fino a 8 volte; le sue proteine denaturando e poi coagulando con il calore insieme ad altri ingredienti come lo zucchero (a seconda della concentrazione) forniscono struttura a tanti prodotti come appunto le meringhe e i torroni friabili (processo già noto agli arabi nel XIII secolo).

Lo zucchero, che grazie alla sua capacità di trasformarsi in materiale vetroso una volta fuso, è in grado di inglobare altri alimenti e che, grazie alla sua igroscopicità, può assorbire umidità dall’aria e cambiare consistenza e caratteristiche del prodotto dolciario (anche a seconda del tipo di zucchero scelto).

Già nel Medioevo si sapeva che le temperature di cottura degli impasti non dovevano essere troppo elevate proprio per garantire denaturazioni parziali che consentissero il passaggio da sostanze gelatinose a sostanze solide, facendo tuttavia mantenere al prodotto dolciario la croccantezza e la friabilità desiderata.

Fin da piccolo sono sempre stato fiero del torrone di Camerino che non è mai mancato sulla nostra tavola durante le feste natalizie. Il torrone è parte di noi, come lo sono il ciabuscolo, il pecorino, i vincisgrassi, i maccheroni con le noci. Dobbiamo (ri-)costruire la nostra economia, ripartendo dalle nostre eccellenze che non devono invece diventare proprietà di altri. Viva il Torrone di Camerino.

Claudio Pettinari   #ilfuturononcrolla

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