SEMPLICEMENTE GIU’!: Giorgio Menichelli

“Sente assai poco la propria passione, o lieta o triste che sia, chi sa troppo minutamente descriverla.” – U.Foscolo.

Senza dubbio ci sono discipline sportive che affascinano in maniera particolare, che attraggono per la loro spettacolarità e un certo qual senso dell’estremo. Penso che ognuno di noi, almeno una volta, abbia fantasticato sull’ipotesi di librarsi in un oceano d’aria, tentati di sperimentare l’emozione del volo libero degli uccelli. Purtroppo questa conoscenza non è annoverata tra le mie esperienze, tuttavia questa curiosità ogni tanto si riaffaccia nel mio immaginario e, per saperne di più, sono andato a trovare Giorgio Menichelli, cinquantaquattro anni, da venti paracadutista, con all’attivo, circa 5000 lanci.

“Come t’è venuta l’idea di diventare un professionista della caduta libera?”

“Nasce da una passione per il volo che ho avuto fin da piccolo. Già quando avevo quattordici anni costruivo piccoli aerei radiocomandati con i quali mi divertivo tutti i giorni nelle evoluzioni più acrobatiche. Ho coltivato l’aereo-modellismo per circa un ventennio; passati i trent’anni, quelle simulazioni non mi bastavano più e avrei voluto pilotare un vero aereo, magari un superleggero, ma a quei tempi, come adesso d’altronde, i costi per ottenere i vari brevetti erano molto elevati. Vivevo nelle vicinanze dell’avio superficie di Villa Musone, sotto Loreto, e avevo diversi amici che praticavano paracadutismo. Decisi di provare, e da quel giorno, appena mi è possibile, mi lancio. Dal 2010 sono diventato anche istruttore “federale”, federale tra virgolette perché in Italia una vera e propria federazione non c’è. La legislazione nel nostro paese è molto controversa e ancora non riusciamo ad avere un riconoscimento specifico della nostra attività. Tu pensa che sulla mia licenza c’è scritto MINISTERO DELL’AVIAZIONE CIVILE…ma io, come i miei colleghi, mi lancio in caduta libera…quale aviazione?”

“Mentre la sto pensando, mi rendo conto della banalità della domanda che sto per formulare, ma te la faccio lo stesso: cosa si prova durante un volo in caduta libera?”

“Non si può descrivere; tutte le grandi emozioni non sono trasferibili usando il linguaggio convenzionale, bisogna provarle. Come quasi sempre accade, l’opinione comune ha una visione completamente distorta sulle sensazioni che si vivono durante un lancio. Non ci sono vertigini, non ci sono termiche, non si hanno scossoni gravitazionali; quando siamo in caduta libera ci appoggiamo semplicemente su un cuscino d’aria che percepiamo grazie alla velocità di discesa, che è proporzionale alla posizione che assumiamo. Se c’è vento, noi viaggiamo con lui, è come immergersi in un fiume lasciandosi trasportare dalla corrente. Più lanci si fanno, più si prende coscienza delle proprio corpo, rispetto all’oceano gassoso nel quale ci muoviamo; a 180/200 km/h il semplice spostamento di una mano fa cambiare posizione.”

“Qual è la prassi che seguite quando vi lanciate in formazione?”

“Il 90% dei lanci avvengono da una quota di 14.000 piedi, 4.200 metri circa, la caduta libera in posizione piatta dura circa 60 secondi (50 m/s), poi apriamo il paracadute intorno ai 1000 metri. In quei 60 secondi formiamo le figura più disparate, dipende dal numero dei componenti. Qui in Italia ho partecipato al record italiano con 64 elementi, ma nel ’98 e nel ’99, ho fatto diversi lanci a 100 in Francia, una grande soddisfazione. Nonostante mi abbiamo invitato più volte, non ho mai partecipato al record mondiale, per una semplice questione economica; andare negli Stati Uniti, o in Thailandia, o che so io dove, presuppone una spesa di 5000/6000 euro per una settimana, dunque è una manifestazione per pochi.”

“A che età si può iniziare e da dove?”

“L’età minima è di 16 anni, con il permesso dei genitori; non c’è un’età massima. Pensa che, per esempio, Philippe Le Roy, che ha circa ottant’anni, fa circa 2/3 lanci a settimana, appena può. Per quanto riguarda da dove, in Italia ci sono una dozzina di avio superfici attrezzate con aerei appositi, per lo più al Nord. Nelle Marche ci lanciamo partendo dalle Paludi di Fermo, centro al quale appartengo e dall’avio superficie di Fano. Il fenomeno potrebbe avere più larga risonanza, come accade nelle altre nazioni, ma il problema è sempre quello: manca una vera e propria federazione, mancano gli aerei, manca una cultura specifica.”

“Circa 5000 lanci all’attivo cosa insegnano?”

“A riconoscere i propri limiti. Il paracadutismo è uno sport sicuro, e la tragedia avviene solo quando non si rispettano le procedure di base. Se leggiamo le statistiche, scopriamo che ci scappa il morto ogni 2.800 incidenti di moto, 3.500 d’auto, e ogni 65.000 lanci con il paracadute, e sai perché? Perché si azzarda! Anche io ho rischiato un paio di volte, ma in tutta sincerità, lo devo soltanto ad un mio errore di valutazione. Ho voluto forzare la manovra di atterraggio in maniera incosciente soltanto per dimostrare. Fortunatamente sono ancora qui e la lezione mi è bastata. Questo è uno sport della massima sicurezza, a patto che si rispettino le regole.”

Chissà! Forse un giorno avremo modo di fare un lancio in tandem, magari da una mongolfiera; è da tempo che ci penso. Tieniti pronto Giorgio…un abbraccio.

Mamo