REAZIONE A CATENA (0): Presentazione

Il Mondo della Bici raccontato attraverso le parole di tecnici, cicloamatori, atleti  di ieri e di oggi…e da me medesimo

 

*LA BICICLETTA E I SUOI CONFINI

Il “cucciolo” d’uomo si arrampica, si siede, cammina a quattro zampe, raddrizza il busto, solleva coraggiosamente le mani da terra e scopre il mondo. Porta avanti prima un piede, poi l’altro, casca, si rialza, fa un pezzetto di strada, casca di nuovo e ricomincia. Presto sarà capace do scappare dall’adulto che vuole prenderlo, senza rendersi ben conto che, a ogni falcata, evita di cascare. A scuola, partecipa a gare di salto in alto e in lungo che gli dimostrano quanto sia forte l’attrazione della terra.

E poi, un giorno, sale su una bicicletta.

 

Saggiando il suo equilibrio, un po’ spaventato – ma anche meravigliato – di poter viaggiare così lontano dall’asfalto, si accorge molto in fretta che può anche non appoggiare continuamente a terra il piede e che può correre senza fermarsi, come sospeso nell’aria. Invece cade, inforca di nuovo la sua bicicletta, ricasca ancora, fino al momento miracoloso in cui “decolla” per sempre. Perché da questo momento magico in poi sarà lui a decidere quando rimettere i piedi a terra.

 

Per la prima volta nella sua vita ha vinto la forza di gravità e nello stesso tempo ha conquistato la velocità della rondine che sfiora l’erba delle stradicciole di campagna. Prima della guerra, la Manufacture di Saint-Etienne fabbricava una bicicletta che si chiamava Rondinella.

Quando il primo aviatore smise di saltellare maldestramente come un uccello ferito per prendere veramente il volo e sentì l’aria portare le ali della sua macchina, ebbe certo la stessa sensazione di essere protagonista di un grande cambiamento.

 

Decisamente stabile sulla sua bicicletta, il bambino, diventato ciclista, capisce presto che può andare molto in fretta anche quando smette di pedalare! E’ una novità: a piedi, la totale assenza di movimento lo inchioda irrimediabilmente al suolo, come un qualunque quadrupede. Solo l’uccello plana sulle correnti….E al pesce, sospeso nel suo mondo liquido, basta un piccolo colpo di coda per darsi la spinta e raggiungere uno scoglio di corallo.

 

L’uomo, sulla bicicletta, allunga le distanze oppure le riduce, a seconda di come utilizza questa nuova libertà, tutta interiore, di pensare e di sentire. Senza aver avuto bisogno di rifare i calcoli di Einstein, vince la relatività del tempo e dello spazio, uno spazio reale dove sfilano continuamente le immagini del mondo che si fissano nei suoi occhi e stimolano, senza interromperle, le sue riflessioni. Perché il ciclista è anche un regista perennemente impegnato a filmare, tranne per il fatto che non dice mai “motore!”……………………….

 

……………………L’allenamento, l’acquisizione della forza ciclistica e la capacità di correre sempre più veloce sempre più lontano costituiscono le tappe di un’autoiniziazione. La bicicletta ci trasporta in un viaggio all’interno del nostro corpo, fino a una seconda nascita, questa volta decisa da noi stessi.

 

Che sia o meno un “forzato della strada”, il ciclista, anche se non corre il Tour de France, è comunque un “gigante della strada”. Da centinaia di migliaia di anni l’uomo si è abituato a percorrere il mondo al ritmo di una falcata che di rado supera gli 80 cm, un passo dopo l’altro.

Con i piedi sui pedali, la “falcata” del ciclista – uguale alla metà circa della pedalata sviluppata – si aggira normalmente intorno ai 3 metri e raggiunge tranquillamente i 4 per gli specialisti delle corse a cronometro. Suo malgrado, il ciclista abbandona così la sua condizione umana per acquisire una “falcata” ingrandita a dismisura. E come il centauro, avanza ormai a passo di gigante, nel vero senso della parola……

 

Un gigante strano, però.

Perché se Anteo, alla fine ucciso da Ercole, rinnovava le sue forze ogni volta che toccava il suolo, il corridore ciclista invece i piedi in terra non li poggia mai in corsa, salvo quando è sconfitto e abbandona.

 

La forza più grande di cui le sue gambe siano capaci, il ciclista la applica su punti d’appoggio mobili, i pedali, che descrivono, come sospesi nell’aria, la traiettoria più perfetta che l’uomo abbia mai concepito, il cerchio. Muoversi senza toccare il suolo: fino all’invenzione della bicicletta questo è stato un privilegio riservato agli angeli e a Mercurio, il messaggero dai piedi alati.

 

Charly Gaul, l’angelo della montagna, trova in Mercurio il suo antenato mitologico, e il ciclista, nella bicicletta, trova il suo carro d’Apollo. E’ davvero una combinazione, in queste condizioni, che egli voli sul cuscino d’aria dei suoi pneumatici?

Il dottor Ruffier, nella sua opera storica “Vive la bicyclette”, raffigura una bicicletta formata soltanto da ruote, pedaliera e catena; sullo sfondo, il sole che tramonta.

 

Con i raggi dell’astro del giorno al centro della pedaliera, su questa impressionante raffigurazione di forza, il mito solare si aggiunge ancora al simbolismo della ruota che “Il Dizionario dei Simboli” così riassume:

“Alla ruota appartiene la perfezione, suggerita dall’immagine del cerchio. Il mondo che gira, i ricorsi, i cicli, i rinnovamenti, mostrano che la ruota è un simbolo privilegiato dello spostamento, dell’affrancamento dai condizionamenti del luogo, della condizione spirituale che è loro propria”.

 

Nello stesso dizionario si scopre che:

“Le ruote del carro sono un elemento essenziale nella raffigurazione del sole, della luna, dei pianeti….

La ruota si rivela come un simbolo del mondo, dove il mozzo rappresenta il centro immobile, il principio, e il cerchio la manifestazione che ne emana per un effetto d’irraggiamento. La sua perenne rotazione è rinnovamento, da essa scaturiscono lo spazio e tutte le suddivisioni temporali”. La rivelazione mediante rivoluzione, in un certo senso…..

 

E dal modo in cui il ciclista mette in movimento la sua bicicletta, di nuovo tramite una rotazione, quella dei piedi che girano instancabilmente sui pedali, si comprende fino a che punto egli è partecipe della magia di questo simbolismo. Tanto più che egli trasforma il movimento alternato delle sue gambe, come Yin e Yang, un movimento rotatorio, che è ciò che costituisce la pura essenza del Taoismo.

 

Il ciclista realizza anche l’impossibile sintesi di movimento e immobilità: Il suo busto è statico mentre le sue gambe non smettono di girare. L’unione tra la contemplazione, espressa dalle parti più nobili del corpo, e l’attività muscolare che si realizza nel pedalare, decuplica la concentrazione interiore.

Le gambe girano turbinosamente, la testa contempla…..

 

Vita, spazio, movimento, libertà, azione continua: questi sono i veri simboli del ciclismo.

Claude Genzling

 

*Brani liberamente tratti dal primo capitolo del libro:

BICICLETTA: Sport, Salute, Turismo

Scritto da: Bernard Hinault e Claude Genzling

1992 – Sperling & Kupfer Editori S.p.A.

 

Nel prossimo post pubblicherò:

MICHELE LAMBERTUCCI: Atleta prima, tecnico poi

Il racconto della sua carriera agonistica passata, le iniziative che si appresta a realizzare in qualità di Istruttore Federale, i consigli per ben scegliere la bici più appropriata alle nostre esigenze, essendo anche un tecnico-meccanico formatosi alla Campagnolo.

 

Mamo – ph Mamo