PLASTICA: di Claudio Pettinari

Quante volte vedendo passare un Duetto sono tornato con la mente alle immagini de “Il laureato”, che ricordo non solo per la prima stupenda interpretazione di Dustin Hoffman, per le fantastiche musiche e canzoni di Simon & Garfunkel, per una regia (Michael Nichols) che definire innovativa è dir poco, ma soprattutto perché evidenziava la difficoltà che noi ragazzini avevamo di colloquiare con i nostri genitori, di esprimere le nostre emozioni, i nostri desideri, le nostre paure.

Oggi, da chimico, la scena che ricordo più di sovente è quella tra Mr MecGuire (il padre della fidanzata di Benjamin) e Benjamin (il laureato), un colloquio secco quasi all’inizio del film:

Mr MecGuire: Voglio dirti solo una parola ragazzo, solo una parola.
Benjamin: Sì, signore!
Mr MecGuire: Mi ascolti?
Benjamin: Sì, signore!
Mr MecGuire: PLASTICA.
Benjamin: Credo di non aver capito, signore.
Mr MecGguire: Plastica, Ben, il futuro è nella plastica.

La plastica, materiale che in tanti ancora oggi guardano con sospetto, un materiale che gli italiani spesso associano a degrado ambientale e che talvolta diventa sinonimo di materiale di scarto. Eppure la plastica fa risparmiare risorse ed energia, ha reso e continua a rendere la nostra vita più confortevole, è presente in ogni aspetto della vita quotidiana, con un elevato grado di innovazione, con una capacità unica di rispondere alle sfide economiche e sociali in questo terzo millennio.

Non molti sanno che in realtà la plastica ha poco più di 100 anni: solo nel 1907 il chimico Leo Baekeland riuscì a realizzare un materiale plastico completamente artificiale, la Bachelite, un materiale resistente, isolante, non infiammabile, ma leggero, utilizzato moltissimo nei primi decenni del ‘900 per produrre teloni, soprammobili, cruscotti, bocce e palle da biliardo.

Se dovessi assegnare un Nobel postumo per le ricerche sulla plastica, forse lo assegnerei a William Carothers, l’uomo del Nylon, l’uomo che per primo ebbe l’idea di preparare una fibra sintetica con una struttura simile a quella delle proteine che costituiscono la lana e soprattutto la seta.
La scoperta di questa fibra, ottenuta da “carbone, aria e acqua” (in realtà il nylon deriva dalla combinazione di acido adipico e esametilendiammina), fu annunciata all’Esposizione Universale di New York del 1939 e nel 1940 già le donne facevano code interminabili ai negozi che vendevano calze da donna in nylon.
Il 1940, però, era anche l’anno della Seconda Guerra Mondiale, e il nylon prodotto venne tutto requisito per produrre le corde e le calotte dei paracadute. Nonostante tutto questo, Carothers, scontento e depresso, si uccise prima di vedere il successo che il nylon avrebbe conseguito.

Unico Nobel italiano per la chimica è stato Luigi Natta (lo aveva ricevuto nel 1963, 4 anni prima dell’uscita de “Il laureato”!). Oggi non sono molti a sapere cos’è il Propilene Isotattico, ma i cinquantenni sicuramente ricorderanno il MOPLEN, la plastica che ha rivoluzionato la nostra vita, i nostri costumi, le nostre tradizioni: “Ma signora badi ben che sia fatto di Moplen”, canticchiava Gino Bramieri.
E’ grazie a questa scoperta che l’Italia si collocava all’avanguardia mondiale in una tecnologia innovativa, scoperta che fu seguita da una serie infinita di brevetti, tanto che chiunque sosteneva, come McGuire, che il futuro sarebbe stato della plastica. La Montecatini (soprattutto nella persona di Piero Giustiniani), la società che lo commercializzò, iniziò subito a produrre quegli “smart materials”, materiali intelligenti che grazie al basso costo e all’alto tempo di sfruttamento iniziarono a sostituire legno, vetro e acciaio in moltissimi oggetti in uso nelle nostre case.

Quando parlo di innovazione penso al KEVLAR, una fibra sintetica con proprietà sorprendenti: più dura dell’acciaio, non costosa, molto resistente al taglio e al fuoco.
Ha consentito il rimpiazzo dell’amianto in tanti indumenti anti-incendio e oggi è indossata da tutte le forze armate e le guardie giurate.
Il suo successo però è dovuto alla leggerezza: immaginate se i nostri soldati italiani durante la prima guerra mondiale avessero potuto indossare divise in Kevlar invece delle corazze Fasina che, impedendo loro qualsiasi movimento, non impedirono la strage di tantissimi battaglioni!
La scoperta del Kevlar ad opera della ricercatrice Kwolek, che stava lavorando sui polimeri dei pneumatici, fu assolutamente casuale.

Dove ci sta portando ora la ricerca? A 7 anni dal premio Nobel di Novoselov e Geim per la scoperta del Grafene, oggi in molti credono che questo materiale soppianterà la plastica.
Resistente, dotato di capacità elettriche e capacità termiche, antiossidante, forse anche in grado di produrre energia verde, è oggi in pole-position come materiale del futuro e testimonia che solo la ricerca e l’innovazione potrà salvare l’Italia, in prima fila nelle ricerche su tale materiale.

Con tanta speranza nel cuore, la ricerca in UNICAM oggi guarda con attenzione ai Metal-organic Frameworks (MOF), polimeri porosi e innovativi utili per stoccare gas, separare miscele, conferire ai materiali inaspettate proprietà elettriche e magnetiche. Questi nuovi composti potranno essere utilizzati per catturare la CO2 magari proveniente dai grandi impianti di emissione come centrali elettriche e a carbone, o nello sviluppo di nuovi conduttori.
Questi ed altri temi sono quelli che HORIZON 2020 ha individuato come assolute proprietà mondiali.

Claudio Pettinari

ph dal WEB