DOVE OSANO LE AQUILE: Franco Uncini

La conoscete la storiella dei due amici che parlano del Karma? Uno fa a quell’altro:
“ Se è vera la teoria della metempsicosi che vuole ad ogni reincarnazione un miglioramento, tu, nella vita precedente, chi cazzo eri?”.
1973….e chi se lo scorda! Quell’anno lo vorrei saltare a piedi pari, ma come si fa!?
7 gennaio: frattura “seria” della tibia sinistra con gli sci (4 mesi ingessato).
21 giugno: un “amico” mi tampona col motorino. Calcagno fratturato (un mese e mezzo di gambaletto).
Scrutinio dei primi di luglio: bocciato in primo liceo.
11 ottobre: col motorino cado e fracasso mandibola e un metacarpo ( due mesi di “recupero”).
Punti?…..ce potevo prende un canotto a 6 posti!A parte questi ed altri “divertissement” quell’anno è fissato nella mia memoria per un fatto che ora vi racconto.Inizio primavera. Mio cugino Carlo (Carlo Perugini, anche lui pilota delle 500) un sabato m’era venuto a prendere per “distrarmi” un po’. Avevamo fatto pranzo a casa sua a Recanati e nel pomeriggio eravamo andati nel covo degli “smanettoni”, un bar difronte al teatro Persiani.
Dopo aver sparato una sequela di cazzate con diversi amici (della serie “i cacciatori ce fa ‘na pugnetta”) decidemmo di spostarci.
Franco disse: “Andiamo a casa che vi faccio ascoltare il nuovo stereo che ho montato.”
C’era in corso un temporale di quelli “daje giùùù…”.
Lui partì con la sua macchina e noi salimmo su quella di Henry, il fratello. Un’Alfasud preparata corse e gomme slick. Il mattino era stato a Misano a provare e tornando non le aveva cambiate.
Tutti di traverso dalla partenza all’arrivo, con una delle lancette del cruscotto oscillante unicamente nella zona tratteggiata rossa, quella del fuori giri. Fortunatamente non avevamo a disposizione uno strumento che misurasse la rotazione delle nostre capocce…occhio non vede, cuore non duole.Stravaccati tutti e quattro sui divani del salotto con musica in sottofondo, gli argomenti trattati due erano: patacca e motori….de che voi parla’!?
Mentre ci spingevamo sempre più nell’ambito dell’empirico trascurando ogni arte della retorica, fece il suo ingresso il padrone di casa, papà Ennio. Dopo averci salutati si accomodò con noi, su una poltrona.
Franco gli fece:
“Allora, che dici papà, lunedì andiamo in concessionaria a vedere la Laverda?”
“Senti Franco, lo sai come la penso. Le moto sono troppo pericolose. Perché vuoi far stare preoccupati tua madre e me? Vivremmo in continua tensione, non lo capisci? Se mi parli di auto è un altro conto. Tuo fratello già corre, e se vuoi farlo anche tu…certo, ci vogliono tanti soldi, però….
La moto non me la chiedere, non starei tranquillo un attimo.”

I terremoti accadono all’improvviso.
Franco scattò su dal divano come se una scarica d’alta tensione avesse attraversato quei cuscini.
Dopo aver nominato ad uno ad uno Dei e semi Dei dell’Olimpo, si rivolse al padre:
“Papà!…allora non hai capito…Io la moto la so portare!”

Quella frase fu sentenziata con una tale incisività che fece sobbalzare anche me, quindicenne abbastanza assuefatto alle “botte forti”. La stessa sensazione che si prova quando, sotto un temporale in montagna, ti cade un fulmine a poche decine di metri. Una detonazione secca, senza preavviso e senza eco, assordante, accecante, dilaniante. Una frustata di vento e uno strano sapore in bocca, di ferro bruciato. Le orecchie fischiano e il respiro è bloccato….Poi il cuore torna a battere, lento all’inizio. Sei vivo, e quell’attimo non te lo scordi più. Era il 1973.

Facciamo un salto quantico. Fine estate 1982. Un altro spaccato immemorabile, perché accaddero due fatti importanti per me, senza traumi ‘sta volta.
In quel periodo frequentavo assiduamente Potenza Picena, per due motivi. In quel paesino vivevano due personaggi a me cari. Una ragazza con la quale ci volevamo bene, e un amico, un maestro di biliardo e di risate. Al mattino andavamo al mare e condividevamo gli ombrelloni con altri amici che tornavano in zona per le vacanze. Uno di questi era Peppe Serenellì ( Cenerelli francesizzato con la S iniziale e l’accento sulla i finale). Partito da giovane da quei luoghi alla volta di Parigi, aveva fatto fortuna nel settore edilizio. Appassionato di motori comperava una Ferrari appena usciva un nuovo modello, in più aveva una scuderia di Formula 3. Oltre a questo, era anche introdotto in Formula 1.

Un sabato sera mi fa: “Domani sera trovati che andiamo a cena insieme. Domattina vado a Zeltveg. Dopo il Gran Premio carico Arnoux in macchina e torno giù.”
Il pilota della Renault aveva firmato il contratto per correre in Ferrari l’anno successivo, e dato che con Peppe erano amici, aveva deciso di trascorrere le vacanze della pausa estiva nella nostra riviera. E’ così che passai una decina di giorni insieme ad uno dei miei idoli giovanili ( gli appassionati di F1 non scorderanno mai quei 2 giri a Dijon, le sportellate tra lui e Villeneuve…..pura poesia, come quella di Omero!).

Una sera, rientrando dal mare per andare a cena, vidi che era stato allestito un palco sotto il palazzo del comune. Senza interessarmi a quale scopo servisse andai a mangiare. Fu intorno alle 22 che mi resi conto dell’avvenimento. La piazza era un formicaio, e sopra il palco c’erano due personaggi che conoscevo. Il pilota francese della Ferrari, e il neo Campione del Mondo classe 500: Franco Uncini.

Cercai di farmi largo tra il casino di gente e, dopo non poco pena’, riuscii ad arrivare vicino al podio. Sbracciando: “Francooo…Francooo….” Lui mi vide e mi fece segno d’aspettare. Dopo una decina di minuti c’abbracciammo in mezzo alla folla delirante: “Ce l’hai fatta Fra’!..Ce l’hai fatta Campione!”

Quel ragazzo mingherlino, al quale nessuno voleva dar fiducia, a cominciare da dentro casa, era il Campione del Mondo della Classe Regina, il numero Uno.
Quanta caparbietà, quanta determinazione, quanta “tigna”.
La sua vita è stata una continua lotta, con alti e bassi come tutti, ma le palle lui le ha sfoderate a dovere, sempre.
Ha lottato per il primo motorino (mangiava cesti di patate bollite per ingrassare un po’, perché in famiglia gli dicevano che era troppo magro per salire su un ciclomotore). Ha insistito non poco per la prima 125 a 16 anni. Ha fatto il diavolo a quattro per quella Laverda SFC…anche quella che storia!…

Quando riuscì a “convincere” il papà Ennio a recarsi dal concessionario, scoprì che quel modello non era più in produzione, ma lui quello voleva. Ruppe le palle a tutte le concessionarie nazionali, ma niente, non se ne trovava più una.
Sapete come se l’è accattata? Assemblando i vari pezzi trovati nei magazzini di ricambi disseminati per tutta Italia. Quella moto non compare nei registri ufficiali. Non è nata nella fabbrica della Laverda. E’ stata costruita nei magazzini della volontà di Franco.
Una volta arrivato a correre nella classe 500, prima di diventare quello che noi conosciamo, era stato il pilota privato più veloce al mondo. Andò da quelli della Suzuki, che l’anno prima avevano vinto il Mondiale con Lucchinelli (ma il pilota spezzino li aveva abbandonati per passare alla Honda) per avere la moto ufficiale.
I dirigenti giapponesi, sulle prime, “smusarono” un po’: “Sei magro Franco, fai fatica a partire” (all’epoca lo start era a spinta e lui, in effetti, tribolava in quella fase, per poi recuperare). La sua risposta ai nipponici fu: “Io la moto la devo guidare, non la devo spezzare in due.” L’anno seguente con quella Suzuki vinse il Mondiale.

Dopo il gravissimo incidente di Assen, quando Wayn Gardner lo centrò in pieno facendo temere il peggio (ancora oggi quando riguardo quelle immagini…beh!), corse per un altro pajo di stagioni, ma qualcosa scattò nella sua testa…..
Quando smise fu eletto dalla commissione dei piloti del Mondiale portavoce per la sicurezza dei circuiti, mansione che svolge da circa 25 anni. Dal 2012 è il FIM Safety Officer della MotoGP, cioè l’ufficiale numero Uno della sicurezza della Federazione Internazionale, compito che svolge insieme ad un altro grandissimo del motociclismo: Loris Capirossi.

Questi giorni, in occasione della MotoGP che correrà a Misano, sarà insignito dell’ennesimo riconoscimento. Sarà inserito nella lista ALL OF FAME, l’Albo dei piloti Campioni del Mondo di tutti i tempi, il più prestigioso che ci sia……Complimenti Campione!

La foto che vedete è del poster ufficiale che Franco fece stampare quando vinse il titolo. Me lo consegnò allora, un giorno a casa sua, con dedica. C’è scritto:
“A Massimo
schiappista….a, no! Kartista
ovvero “fermo”! Con odio”….e poi il suo autografo.

Caro Franco….sulle moto, bè!….sei il numero Uno….Sai che penso però? Che in pista non ci siamo incontrati mai…perché con quattro ruote sotto il culo…..non lo so Fra’…non lo so se so’ proprio “fermo”….ahahah………

Ci vediamo presto Fra’…su un divano, come ai vecchi tempi…e proviamo a fare i bravi…proviamo….
Un abbraccio grosso grosso….Ciao Campione.

Mamo