UNA MOTO SI COMPRA, IL MANICO NO: Carlo Perugini

Siamo noi gli artefici del nostro destino? Non lo so. 

Ricordi di gioventù trascorsa insieme ad un Campione nei confronti del quale la Vita aveva deciso di essere originalmente avara. ( pubblicato in stampa nell’estate del 2013.)

Avevo una decina d’anni. Credo fosse domenica. Eravamo stati invitati a pranzo a Recanati, da zia Maria Teresa.
Intorno a mezzogiorno, mentre le donne stavano ancora preparando tra una chiacchiera e l’altra, Carlo mi fa: “Andiamo a fare un giro?…tanto qui non è per adesso.”.. “Sì, dove?”..”Andiamo a prendere la curva del Pincio.”
Un Vespino 50, tra il celeste e il turchese, con la sella lunga. Percorriamo un tratto di circonvallazione. Dietro l’ospedale un destra sinistra tutto di 3°, nonostante fossimo in due e la strada in leggera salita (pesavamo poco all’epoca). Breve rettilineo, 2° marcia…e giù, sul tornante a destra.
Scarpa schiacciata tra la strada e il carter, mentre il sotto della scocca si assottigliava progressivamente raschiando con decisione l’asfalto. Un altro mezzo grado d’inclinazione e ci saremmo cappottati come fanno le creature di pochi mesi sulla culla, quando sgambettano eccitati sotto la giostra de “li sonajetti”. In quell’istante compresi alla lettera il significato della locuzione “Me so’ cagato addosso”.

Nei vent’anni successivi, ed oltre, l’adrenalina fu il pane quotidiano, anzi, l’Elisir di Vita.
Eravamo un gruppo di ragazzi (io il più piccolo) che ignorava la statica. Per noi esisteva solo la dinamica, la cinetica, tutto ciò che si muovesse alla più alta velocità possibile insomma, con noi sopra naturalmente.

Passavamo le estati a Montecosaro. Carlo abitava in paese, in una grande abitazione a due passi dalla piazza. Io in una villa in campagna appartenuta a nostro nonno.
Nonostante non avessi ancora l’età “giusta” per guidare il motorino, misi in atto uno stillicidio sfiancate che durò più di un mese, notte e giorno, specialmente nelle ore pasti, finché i miei, aggrappandosi all’istinto di sopravvivenza, furono “costretti” a comprarmi un Ciao.
Sugli stradelli sterrati del parco intorno la villa consumavo quotidianamente litri di miscela, maglioni, giubbetti, pantaloni e porzioni di pelle; non c’era giorno che non andassi a gambe all’aria: la ricerca del limite.
Carlo mi veniva a trovare giornalmente a bordo del suo Vespino, lui era più grande quindi poteva circolare per strada, e quasi tutti i pomeriggi procuravamo la dovuta quantità di lavoro a un pover’uomo che, l’indomani mattina, era felicissimo di imbracciare il rastrello e far scomparire dal breccino le centinaia di “sgommate” che testimoniavano la nostra considerazione per il suo operare di valente giardiniere.

Per festeggiare i 16 anni, zia Maria Teresa regalò “al Perugini” una Gilera 125. Una cosa seria, era una moto. A volte, quando da Recanati veniva a Macerata, mi telefonava: “Parto adesso, guarda quanto ci metto.”
Iniziarono le prime sfide su strada con i tanti “125sti” smanettoni lungo i percorsi tortuosi che si snodano tra le colline marchigiane, sempre in compagnia dell’amico Franco Uncini su Honda 125. Facevano coppia fissa.
Dopo un pajo d’anni, quando ne aveva 18, comprò una Laverda SF 750: serbatoio blu puntinato e parafanghi cromati…bellissima.

Le “tirate” fuori porta non bastavano più e con Franco, che aveva già una SFC, iniziarono a girare al Santamonica di Misano, allora antiorario.
Un giorno li seguivo dal muretto affianco a Mario Ciamberlini, loro amico e tecnico superlativo, che poi vinse diversi Europei e Mondiali con piloti altrettanto strepitosi. Mentre li cronometrava. ad un certo passaggio se ne uscì con un commento: “Eunamadonna come camminano!”
Nel ’74 diede indietro la SF per una SFC con doppio disco anteriore e iniziarono le prime corse nelle gare destinate alle moto derivate di serie, quelle che poi diventeranno la SuperBike.
I risultati arrivarono subito, tanto che l’anno seguente fu ingaggiato dalla Ducati per disputare la 24 Ore di Le Mans. Sempre in quell’anno, con la Ducati, vinse la sua prima gara a Vallelunga.
Nel ’76, in sella ad una Suzuki, disputò il Campionato Italiano Juniores della 500 vincendo 4 gare su 6. Nel ’77 il passaggio nel Campionato Senior con il team Life, con Nico Cereghini come compagno di scuderia, e anche l’esordio nel Mondiale. Oltre che con gli stranieri doveva confrontarsi e lottare con piloti che si chiamavano Giacomo Agostini, Landro Becheroni, Virginio Ferrari, Marco Lucchinelli, Graziano Rossi, il papà di Vale.
Nel ’78 disputò, oltre al resto, una corsa che è rimasta negli negli annali perché in sella ad un prototipo Laverda 1000 6 cilindri. Unica apparizione in pista alla 24 Ore di Le Castellet, in coppia sempre con Cereghini. Purtroppo si ritirarono alla 17° ora per la rottura dell’albero Cardano.
Nel ’79 l’esploit vincendo il Titolo Italiano della 500 e diverse gare di Endurance. L’anno seguente si piazzò 10° nel Campionato del Mondo, pari punti con Jhonny Alberto Ceccotto.

Ormai non doveva convincere più nessuno sul fatto di essere uno dei piloti più veloci in circolazione, tant’è che nell’81 fu ingaggiato come pilota ufficiale dalla Sanvenero, un’azienda meccanica artigianale di Pesaro che costruiva moto da competizione. I risultati sperati non arrivarono poiché il mezzo (nella foto) non era all’altezza dello strapotere Suzuki dell’epoca, il che portò inevitabilmente alla rottura del contratto prima della fine della stagione, mi sembra, o comunque a fine campionato.
Nell’82 passò alla Honda e la prima gara di stagione era la 200 Miglia di Imola. Nelle prove ufficiali del sabato, affrontando la esse della variante bassa che immette sul rettilineo box, la ruota posteriore scartò sul cordolo esterno in piena accelerazione, il che lo catapultò in un high side, la caduta peggiore per un pilota, anche quando avviene ad una velocità relativamente bassa. Lo smorzamento d’energia è immediato, è come buttarsi dal piano di un edificio.
Ricadde violentemente di testa e anche se il casco fece il suo lavoro, fu la mano santa del dottor Costa che lo soccorse immediatamente, dal momento che si trovava proprio in quel segmento del muretto per assistere alle prove. Se fosse accaduto in un’altra parte del circuito…non lo so.

Ricoverato al Bellaria di Bologna, uscì dal coma dopo tre giorni. Dopo due settimane venne dimesso ed iniziò un lungo periodo di recupero, la “cracca” era stata forte. Lo andavo a trovare spesso a casa e lo portavo a passeggiare. Eravamo cresciuti quasi come due fratelli, dovevo stargli vicino. Il parlare, la memoria, i movimenti…tutto approssimativo. Si sa, l’uomo “comune” con un trauma del genere recupererebbe a fatica, e comunque ci vorrebbero degli anni, ma gli atleti, e i piloti in particolare, è gente tosta, capace di scombinare le statistiche cliniche più consolidate.

Nell’84 era tra i piloti inscritti nel Campionato Mondiale Endurance con la Ducati Ufficiale.
Di notte, sul circuito di Spa Francochamps, pensò bene di sdraiasi a più di 200 km/h. Capriole tante, ma illeso. Carlo non era nuovo a certe esperienze terra-aria-terra (una volta, alla stessa velocità, in uscita dal curvone di Misano divelse 150 metri di rete di protezione. Quando tornò ai box, Farnè, l’allora resposnsabile tecnico del team gli disse: “ Ma quale Peruginiii?…Ti chiameremo Cascheriniii..”…ahahah…). Quella capriola in Belgio però fece scattare un clic. Chi ha corso lo sa bene. C’è un momento in cui l’Illuminazione arriva, ed essere campioni vuol dire anche saper riconoscere quell’istante, superando le trappole dell’orgoglio, del dionisiaco e della nostalgia.
Ora è un tranquillo uomo di mezz’età in Mercedes che quando guarda le corse in TV dice: “Quessi so’ matti!”……ahahah…
C’è stato un lungo periodo, dopo aver avvicinato il casco al chiodo, nel quale i pensieri sono tornati a rimuginare sulle cause delle mancate soddisfazioni, nonostante i presupposti ci fossero tutti. Poi il tempo ha diluito i rimpianti, come lui sa fare.
Comunque sappi questo: quando incontro qualcuno che ti ha visto correre e si parla di te, il commento è sempre quello che fece Mario con il cronometro in mano: “Eunamadonna quanto camminava!”
Ciao Charlyyyyyy………..

Mamo