LIBERA LA MENTE: Marco Bentivoglio

Teoria e pratica….il giorno e la notte.
Quando facevo l’artigiano, dopo anni di dimostrazioni sul campo, diventai capo cantiere di un’azienda. Una delle mie mansioni era anche quella di selezionare i nuovi arrivati per collocarli nelle varie fasi di costruzione. Non sempre avevo il tempo di metterli alla prova per assegnare loro i giusti compiti, allora m’ero inventato un sistema di valutazione veloce veloce.
Alla “burba” facevo prendere in mano un martello e gli facevo conficcare un chiodo da 100 (10 cm) in un trave di legno. A seconda di come impugnava l’attrezzo lo piazzavo…lo vedi subito a che livello è. Capisci quanta esperienza ha fatto e quanta sicurezza ha fatto sua.
I consigli dei saggi, la guida dei maestri, sono cose importanti, per carità, ma nei momenti cruciali tutti noi dobbiamo fare i conti solo con noi stessi, con le nostre certezze e le nostre paure, con le nostre capacità e le nostre lacune, con quello che abbiamo e quello che ci manca.
In quegli istanti scopriamo chi realmente siamo e quale il nostro livello di consapevolezza.

Ormai conosco Marco da qualche anno e siamo diventati amici, ho “quasi” capito quale filosofia si aggiri nelle palestre di un certo tipo, ma devo confessare che la prima volta che ci siamo incontrati la domanda che mi frullava in testa era: – Ma chi glielo fa fa’? –

“Prima di venirti a trovare ho consultato il tuo sito w.w.w.zicatela.it dove è riportata anche la tua storia di atleta, la cronologia della tua carriera agonistica, quindi cosa hai fatto lo so. Quello che non c’è scritto invece vorrei che tu me lo spiegassi con tre risposte a tre domande. La prima è:
Tutti gli sport sono bellissimi ma tu ne hai scelto uno, o lui ha scelto te, che presuppone una considerevole dose di violenza fisica, ce se fa male insomma….perché?”

“Volendo usare un eufemismo diciamo che da piccolo ero abbastanza vivace. Papà, un po’ preoccupato dell’andazzo, decise d’iscrivermi in una palestra di karate quando avevo 12 anni, e nello stesso periodo mi fece frequentare la scuola dai preti.
Sono due esperienze che mi sono servite tantissimo, ma non è che abbiano sconvolto totalmente la mia essenza. Quando nasci con un certo carattere te lo devi tenere, però lo puoi educare.
Essere guidato da un maestro che ha saputo convogliare le mie “esuberanze” è stato utilissimo, e altrettanto hanno fatto i preti. Da loro ho imparato che le regole esistono, che se vuoi trasformare le tue energie in qualcosa di buono si può fare, a patto di seguirle quelle regole.
Così feci. Diventai un atleta piuttosto che un casinaro.”

“Nel 2007 e nel 2011 hai vinto due medaglie di bronzo ai Mondiali in Vietnam, nei pesi massimi nal Viet Vo Dao. Mi accennavi che della prima vai fiero, mentre della seconda mica tanto. Perché? Che è successo a Ho Chi Min?”

“Ci ho riflettuto molto e ho tratto da quelle esperienze l’ennesimo insegnamento.
La preparazione fisica, a certi livelli di competizione, non è più sufficiente se non è sostenuta da una solida preparazione mentale. Questa è una verità valida sempre e comunque, ma ancor più nelle pratiche sportive di alto livello.
Nel 2007 sono andato in Vietnam spregiudicato e leggero di testa. Non avevo pressioni addosso, non dovevo dimostrare niente a nessuno se non a me stesso. Avevo solo voglia di fare quello che mi piace…combattere.
Nel 2011 è stato tutto diverso. Visti i risultati di quattro anni prima ero partito per vincerlo quel Mondiale. Mi ero preparato fisicamente e tecnicamente come non mai, potevo farcela.
Quando arrivai in semifinale la testa cambiò.
L’allenatore, la Federazione, la mia ragazza che mi aveva accompagnato, la presenza di alcuni amici che avevano fatto tutto quel viaggio per assistere ai miei combattimenti, la mia famiglia che mi aveva sempre sostenuto…tutta gente che non volevo deludere.
Questi pensieri apparvero come spettri nella mia mente. Salii sul ring contratto, con la paura di farmi male e non poter disputare la finale che tutti si aspettavano. Quell’incontro durò 10 secondi. L’avversario mi spezzò il perone e il buio piombò come quando premi l’interruttore.
Quattro anni di allenamenti e combattimenti con un unico obiettivo in testa, gli ultimi sei mesi di preparazione esasperata, sacrifici trasferiti anche a chi mi stava intorno disintegrati in un istante.
Tornato a casa fui inghiottito da una voragine: la depressione. Che cosa brutta!
Se oggi ti racconto questo, ora che sto bene, lo posso fare grazie all’enorme aiuto di tutti gli amici e ai miei cari che non mi hanno abbandonato un attimo, se mi sono ripreso tanto merito va a loro.
Avere delle belle persone vicine in certi momenti della vita aiuta tantissimo.
Piano piano tornai a frequentare la palestra e se anche tu hai praticato sport sai quanto sia efficace per la qualità dell’umore. Lo sport fa bene alla testa.
Ti dicevo che non sono molto soddisfatto della seconda medaglia, anche se è un bronzo Mondiale, perché poi ho capito che nella preparazione avevo trascurato un aspetto fondamentale: la mente.
La vittoria non è stata dell’avversario. Quel Mondiale l’ho perso io. Non ho saputo contrastare i pensieri negativi che mi assalirono quando salii su quel quadrato. Ho fatto tutto da solo. Una bella lezione.”

“La terza domanda è:
Da quando eri bambino hai gareggiato nel Karate, Box, Full Conctat, Vovinam Viet Vo Dao, Kick Boxing ed ora M.M.A. Mai statico in una specialità. Com’è?”

“ Perché la ricerca nelle arti marziali non finisce mai. Ora l’M.M.A. (Mixed Martial Art) perché è un compendio di tutte le altre, è il futuro, è l’unificazione delle forze.
Ora che non gareggio quasi più, se non in qualche esibizione dimostrativa, sono diventato Istruttore Nazionale e responsabile per le Marche di questa specialità avanzata.
Quando mi preparo alleno anche alcuni atleti che vengono nella mia palestra e stiamo raccogliendo belle soddisfazioni. Ovviamente vengono da me anche ragazze e ragazzi che non svolgono gare, ma che vogliono tenersi in forma con le discipline che io insegno, e sai dove punto molto? Sull’aspetto psicologico, oltre che fisico. Le esperienze vissute vanno trasferite, altrimenti non servono a niente.”

Che mistero la mente, caro Marco. M’alleno da una vita, alleno la capoccia alla “comprensione” e ciò nonostante ogni tanto ricomincio tutto da capo. A ‘sto punto penso che debba funzionare così. Comunque sono d’accordo con Tolstoj quando dice che non v’è grandezza dove non vi sono semplicità, bontà e verità.
Tu sei un grande, amico mio…..Un abbraccio Campione.

Mamo

Nella foto Marco e la compagna Stefania a Ho Chi Min, nel 2011.