L’EFFIMERO UNIVERSALE: Ilaria Baleani

C’è un aneddoto su Einstein che ogni tanto mi piace ricordare.
Si racconta che trasferitosi negli Stati Uniti, durante una delle tante cene ufficiali alle quali era costretto a partecipare, ma che avrebbe di buon grado disertato vista la sua natura solitaria, conobbe un famoso pianista con il quale si intrattenne per tutta la serata, parlando prevalentemente di musica, essendo lui stesso un capace violinista.
Al momento di salutarsi, si diedero appuntamento per il pomeriggio del giorno successivo per poter suonare un po’ insieme.

L’indomani, dopo qualche chiacchiera, trascorsero un pajo d’ore eseguendo brani che evidentemente erano parte di un repertorio comune. Quando giunse l’ora di tornare a casa, il pianista accompagnò lo scienziato sull’uscio e ringraziandolo della visita, sembra che si sia espresso così: “Professore, io di fisica non ne capisco niente, però visto il suo modo di interpretare la metrica, mi sto avvicinando molto al suo concetto di Relatività”.

Con tutta probabilità questa è una delle tante storielle divertenti inventata chissà da chi, come spesso accade quando si fantastica sulla vita dei personaggi, forse con l’intento di renderli più “umani”.
Per quanto mi riguarda, da quello che ho letto in giro, Albert (lo chiamo così perché lo considero un amico mio) lo sapeva suonare il violino, eccome.

Ho voluto ricordare questa storia perché un momento simile l’ho vissuto in prima persona quando sono salito in macchina con Ilaria, quel giorno che era venuta a prendermi in un bar dove c’eravamo dati appuntamento, e poi da lì avremmo raggiunto l’ufficio per scambiare due chiacchiere. Dopo un pajo di rotonde affrontate alla garibaldina (a cazzo di cane, praticamente), pensai: “ Se suona come guida, al primo concerto che vado mi divertirò sicuramente”.

“Ilaria…raccontati!”.

“Aaah, la fai facile! OK. Sono una pianista nata e cresciuta a Recanati, in una terra che, come piace dire anche a te, ritengo straordinaria, dove l’arte è di casa. Diplomata al Conservatorio Rossini di Pesaro e perfezionata all’Ecole Normale de Musique Alfred Cortot di Parigi. Insegno presso il Liceo Musicale di Tolentino, e giro un po’ il mondo suonando nei teatri.”

“ Ho capito….ricominciamo da capo, va’. Come è successo? Come è avvenuto l’incontro con la musica?”

“E’ capitato quand’ero piccola, dentro casa. Mia nonna era una cantante lirica, soprano. Mio zio è compositore e direttore d’orchestra. Mamma, papà e mia sorella tutti appassionati di musica….è stato facile. Quando avevo più o meno tre anni papà mi regalò una tastiera giocattolo della Bontempi. Una sera, mentre ero davanti il televisore, passò la pubblicità della Barilla e fui colpita dalla musica. Presi la tastiera e la riprodussi tale e quale. I miei capirono subito che in me c’erano delle capacità e iniziarono a dedicarmi del tempo per insegnarmi. All’inizio papà segnò dei pallini colorati sul pentagramma a posto delle note, e dopo un po’, quando vide che ormai sapevo distinguere le posizioni senza i colori mi affidò ad un maestro, il maestro Beccacece. Fu proprio lui, anni dopo, ad accompagnarmi al mio primo giorno di Conservatorio; avevo 12 anni.
Al Rossini fui presa in cura da una insegnante argentina, Maria Teresa Canuchio, e con lei entrai in piena simbiosi con il piano.”

“Quando ci siamo visti l’ultima volta m’hai raccontato che hai tenuto il tuo primo concerto a 8 anni, e adesso hai superato abbondantemente quota 200. Cosa significa, cosa provi quando ti esibisci davanti ad un pubblico?”

“Sai, la risposta a questa domanda me la sono data solo ultimamente, dopo tanto tempo che ci pensavo anch’io. Mi chiedevo perché fossi così affascinata dal palcoscenico, perché ogni volta che salivo lì sopra provassi una sensazione così bella, appagante, rilassante. Ho capito una cosa adesso: esprimermi in pubblico con lo strumento che amo mi permette di trasferire pensieri che non saprei raccontare a parole, ed è un po’ un paradosso, se ci pensi. Tu non ci crederai, ma sono molto timida, dunque salire su un palco, per una come me, dovrebbe essere un dramma, invece è l’esatto contrario. Non so se riesci a capire, anzi, non so se riesco a spiegartelo… Quando mi concentro nell’esecuzione del pezzo da proporre a chi è venuto in teatro, è come se entrassi in trance. Mi immedesimo talmente tanto che è come se vivessi in un mondo fatato, sono sensazioni che nella vita di tutti i giorni non si provano, è difficile.
Penso che suonare della bella musica davanti a qualcuno, e vedere quel qualcuno contento di quello che stai facendo, aiuti a dare un senso a se stessi, aumenta l’autostima, ti accetti meglio e tutto assume un altro sapore, ecco.”

“A scuola come va? Ti piace insegnare?”

“Molto. Quello che mi piace, e spero di riuscirci, è trasferire i concetti che ti ho appena accennato. Cerco di spiegare quanta soddisfazione si possa provare facendo della bella musica, e quanto possa mettere in relazione persone diverse che magari non si erano mai incontrate prima. Pensa all’Universo. Tutto è vibrazione, tutto è ritmo, è musica. La musica è il linguaggio cosmico, quello universale. Con la musica puoi spiegare tutto.”

“Esegui e studi solo la classica?”

“Beh, quella è la mia matrice, è quella che amo in assoluto, però ultimamente sto rivedendo alcune mie convinzioni. Da qualche tempo sono stata chiamata per accompagnare alcune esibizioni di danza contemporanea, e mi sono resa conto di una cosa. La formazione ricevuta in Conservatorio è sotto certi aspetti limitante, troppo “incasellata” se mi passi questo termine, invece mi rendo conto che anche l’improvvisazione, o le variazioni sul tema danno un gran piacere, e allora mi sono rimessa a studiare, per altre vie ‘sta volta, e spesso sperimento con i miei alunni, perché anche loro possano spaziare fin da subito. Tu lo sai, sono di Recanati dove l’Infinito è di casa, e ho scoperto che nell’Infinito mi trovo a mio agio.”

Dopo queste quattro chiacchiere con Ilaria “fortunatamente” rimasi in ufficio perché avevo altri appuntamenti, così per quel giorno mi risparmiai un doppio giro in macchina con lei alla guida. Le emozioni forti bisogna centellinarle, sennò stroncano.
Una volta uscita andai subito su internet per avere (io, perfetto ignorante) qualche cognizione di cosa fosse questa benedetta Ecole Normale de Musique che Ilaria mi aveva tanto esaltato.
Leggendo scoprii essere il tempio mondiale dei musicisti di classica, e appresi anche che Cortot imponeva ai sui discepoli lo studio delle biografie dei compositori prima di accostarsi alle loro opere, perché solo così facendo gli studenti avrebbero potuto apprezzare le composizioni, conoscendo i pensieri e il vissuto dei vari maestri.

La riflessione fu: “Al prossimo concerto di Ilaria, ce capirò qualcosa?”
…..ahahah…..invece, a differenza di quando guida la macchina, quando è seduta al pianoforte lo suona benissimo. Brava! E’ proprio brava….al pianoforte.
Un abbraccio amica mia.

Mamo