DALL’UVA AL VINO: di Claudio Pettinari

NATURA E CHIMICA PER UN PRODOTTO ECCELLENTE
1. Zero Chimica?
Una recente campagna promozionale di un vino di elevata qualità
recita: zero chimica, tanta natura.
Leggendo articoli rivolti all’uso della chimica nella vinificazione,
rimango sempre più sbalordito. Sebbene, infatti, l’origine della vite
sia fatta risalire a più di seimila anni orsono, forse in India, e sebbene
poi la sua diffusione in Asia e nel bacino del Mediterraneo, sia
magari avvenuta intorno al 3000 a.C., il vino, che è chimicamente
una soluzione idroalcolica colorata con proprietà acide, viene probabilmente
«prodotto» dall’uomo per vinificazione per la prima volta
in Armenia, in un territorio tra il Tigri e l’Eufrate, territorio che fu
proprio laboratorio di «ricerca e sviluppo» per quei processi fermentativi
che hanno prodotto tanti di quegli alimenti che ancora oggi
consumiamo. Da lì attraverso l’Egitto, la Palestina e infine la Grecia,
il vino arriva probabilmente nell’antica Roma, dove la pratica della
vinificazione assume un’importanza così grande da elevare Bacco a
uno degli dei più importanti. Qualche storico attribuisce al vino la
nascita dell’impero romano: i Romani infatti erano a conoscenza delle
proprietà battericida del vino e come consuetudine lo portavano nelle
loro campagne come bevanda dei legionari. Plutarco racconta che Cesare
distribuisse vino ai suoi soldati per debellare malattie che stavano
decimando l’esercito.
Nel Rinascimento il vino torna a essere un protagonista assoluto
della cultura e torna ad affiancare l’uomo nello sviluppo della società.
Dal 1600 sono attive Arti e Corporazioni come quelle dei bottai in
tantissime città e grazie alla produzione di bottiglie e tappi di sughero
viene facilitato il trasporto e il commercio di vino in tutta Europa.
Oggi finalmente è accettato da tutti coloro coinvolti nel settore
che la scienza enologica si evolve seguendo un virtuoso percorso fatto
di studi e ricerche continue principalmente in ambito chimico. Il vino
non è costituito solo da acqua e alcoli, ma è un mixing di composti
(tannini, antociani, resveratrolo, acidi organici, polifenoli, composti aromatici)
che quando beviamo raggiungono i nostri sensi scatenando
profumi e gusti, emozioni e sensazioni.
A tavola, da buoni intenditori, prima di bere facciamo ruotare il
vino nel bicchiere, così da favorire l’evaporazione di quei composti
aromatici che caratterizzano la bevanda, e poi guardiamo con attenzione
agli archetti che si formano sul bicchiere, archetti che sono correlati
al grado alcolico del vino e che devono la loro esistenza ad
un’altra proprietà dello stato liquido: la tensione superficiale. Come
possiamo affermare «zero chimica»?

2. Da quando il vino nelle Marche?
Il vino nelle Marche e nello specifico nel territorio del Verdicchio
di Matelica era probabilmente già prodotto al tempo dei Piceni: nella
tomba di un giovane principe fu trovato anche un bacile circolare
con dentro oltre 200 vinaccioli di vitis-vinifera, la vite che veniva coltivata
con grande soddisfazione in Europa fino all’arrivo della fillossera,
un insetto sbarcato dall’America del Nord nel vecchio continente,
che devastò completamente le vigne, quasi portando all’estinzione
della vite autoctona.
In un rogito del 1579 presente presso l’Archivio di stato di Macerata,
sezione di Camerino, stilato dal notaio matelicese Niccolò Attucci,
si fa preciso riferimento alla presenza nel territorio di vitigni
di Verdicchio, e forse anche Francesco Panfilo, umanista sanseverinate,
scrivendo Le lodi del Vino fa particolare riferimento alle produzioni
delle nostre zone.
Dai Libri dei focolari, come illustra la storica e amica Emanuela
Di Stefano, si può desumere la presenza significativa di una produzione
vinaria nello stesso territorio camerinese che intorno al 1570 era
pari a 10-11.000 some annue, cioè circa 9.500 ettolitri. Sembra che in
quel periodo la viticoltura a Camerino fosse tanto diffusa da essere
elemento caratterizzante le proprietà terriere dei residenti nella città1
.
E come non ricordare nel territorio anche la vernaccia di Serrapetrona:
Aristide Conti, nella Storia di Camerino e dintorni2
, racconta
di un mercenario polacco che in periodo medievale, apprezzò talmente
la Vernaccia prodotta nella zona da esclamare: «Domine, Domine
quare non Borgianasti regiones nostras» (Signore, Signore, perché
non hai fatto le nostre terre come Borgiano?
3. Vino e Scienza
Nel XVIII secolo gravi minacce iniziano a pesare sulla qualità dei
vini francesi e a seguire anche su quella degli italiani. Alterazioni
troppo frequenti fecero si che Napoleone III si rivolgesse a uno dei
più importanti scienziati del tempo: Pasteur aveva già studiato le fermentazioni
e aveva compreso che diverse malattie potevano colpire
il vino, ad esempio il punto acetico, o il grasso che colpiva prevalentemente
gli champagnes. Dopo alcuni anni di studio e di lavoro
insieme ai suoi studenti arrivò al punto di definire i micro-organismi
responsabili delle malattie del vino e per proteggere quest’ultimo
dal deterioramento pensò di utilizzare dei prodotti chimici dotati
di proprietà antisettiche. Non riuscì ad ottenere i risultati desiderati
e quindi penso di scaldare il vino ad una temperatura tra 60
e 100 °C in assenza d’aria. Così nacque il procedimento di sterilizzazione
parziale descritto più tardi sotto il nome di «pasteurizzazione».

Ricerche e studi sulla vite e sul vino vennero condotti alla fine del
XIX secolo anche presso l’Università di Camerino: Attilio Fabrini,
rettore dell’Università nel triennio 1889-1891, direttore della Scuola
di Farmacia e titolare dell’insegnamento di Chimica Generale ed Inorganica
nella Facoltà di Medicina e Chirurgia, nel 1863 fondò il primo
laboratorio di Chimica, strutturato secondo criteri scientifici moderni.
Con il prof. Fausto Sestini nel 1862 pubblicò uno studio sistematico
dal titolo Studi Analitici sopra i vini di Italia, mentre compare negli
atti dell’Accademia dei Georgofili lo studio dal titolo Determinazione
dei principali componenti i vini d’Italia. Vale la pena ricordare come
in merito alla Vernaccia di Serrapetrona, è Fabrini stesso che ricorda
l’incontro di Dante nella Divina Commedia (Purgatorio, XXIV, vv.
Dall’una al vino 137
2 Conti 1872.
© Edizioni Scientifiche Italiane
20-24) con Papa Martino IV, condannato ad espiare il suo peccato di
golosità di anguille del Lago di Bolsena, fatte annegare proprio nella
Vernaccia3
.
Anche Augusto Napoleone Berlese, docente di botanica a Camerino
nell’ultimo decennio del XIX secolo e precedentemente professore
di patologia vegetale e storia naturale nella scuola di viticoltura
ed enologia di Avellino, pubblicò in quel periodo diversi articoli e
manuali su parassiti della vite e a Camerino continuò ricerche sui saccaromiceti,
sulla peronospora e sulle malattie del gelso4
.
Seppur noto quasi esclusivamente per i suo studi sul grano, Nazareno
Strampelli pubblicò numerosi lavori, soprattutto durante il suo
periodo camerte proprio su temi quali la conservazione del vino, le
malattie delle viti e rimedi utili5
.
Note sulla difesa contro la peronospora e Fillossera e viti americane
vennero pubblicati nel 1896 sul Bollettino del Comizio Agrario
Camerinese, mentre La lotta contro l’oidio e Per la lotta contro la peronospora
sono del 1899 («L’Agricoltura Italiana»). Di grande interesse
sono anche i due saggi Rimedi alle malattie ed ai difetti dei
vini sempre pubblicati nel 1899 ma sul Bollettino del Comizio Agrario
Camerinese e La fillossera ci circonda del 1901. L’articolo più curioso
è però La formalina nelle valvole idrauliche per la chiusura
delle botti pubblicato nel 1898 presso l’Università di Camerino, di
cui però non si ha traccia se non una citazione importante nel testo
di Francesco Antonio Sannino Le alterazioni dei vini: «…ricordiamo
i vapori di aldeide formica sperimentati recentemente con successo
dal Dr. Strampelli. L’impiego di tale sostanza si fa con una valvola o
tappo antisettico, in cui si mette formol o formaldeide, che è una soluzione
acquosa al 40% di aldeide formica»6
.
4. Ma il vino fa veramente bene?
Nel 1866 L. Pasteur nel suo scritto Etudes sur le vin afferma «il
vino è la più salutare ed igienica di tutte le bevande».

Un’analisi approfondita abbastanza recente pubblicata sulla rivista
«Alcoholism: Clinical & Experimental Research» descrive alcuni studi
importanti sul consumo di vino rosso e sulle proprietà dei polifenoli
contenuti nelle sue bucce, tra cui il famoso resveratrolo. Tale studio
descrive il resveratrolo come antiossidante, inibitore della perossidazione
lipidica della lipoproteina e in grado di prevenire malattie cardiovascolari
e cancro, per cui un consumo da basso a moderato di
vino rosso sarà in grado infatti di ridurre la mortalità per le cause
sopra descritte. I benefici sembrano veramente notevoli: dalla riduzione
delle patologie collegate all’età, agli stati infiammatori, al diabete
e all’obesità.
Uno studio italiano del 1998 dopo aver separato da un vino rosso
italiano differenti frazioni fenoliche: a) acidi fenolici e quercetina-3-
glucoronide; b) catechine e quercetina-3-glucoside; c) antocianine, ha
evidenziato come la frazione di antocianine sembra essere quella più
efficace e forse il componente chiave per la protezione nei confronti
delle malattie cardiovascolari.
5. Come posso essere sicuro che il vino non è contraffatto?
I primi studi per il riconoscimento dell’origine di vini attraverso
l’utilizzo della spettroscopia di risonanza magnetica (NMR), risalgono
alla metà degli anni ’90. Oggi è oramai accettato dalla comunità scientifica
che i parametri NMR possono essere uno strumento formidabile
per controllare l’autenticità dei vini e che grazie ad essi è possibile
mettere in evidenza differenze dovute a diverse localizzazioni
geografiche e annate.
La composizione isotopica dell’elemento stronzio (Sr), ad esempio,
sulla crosta terreste è molto variabile e dipende dall’età delle
rocce e dalla loro natura (genesi e composizione). Un’analisi NMR
87Sr/86Sr è stata di recente sviluppata e utilizzata come impronta digitale
per tracciare la provenienza geografica di una serie di vini italiani.
Il rapporto 87Sr/86Sr è infatti diverso in vini provenienti dalla
Campania rispetto ad altri provenienti dall’Abruzzo, e spesso è differente
anche in appezzamenti di terreno attigui.

6. Che vino berrò domani?
Il cambiamento climatico sta facendo crescere le temperature dell’aria
su tutto il globo terrestre e di conseguenza anche nelle aree coltivate
a vigneto. L’accumulo di composti chimici nell’uva dipende sensibilmente
da questi aumenti di temperatura e questo sicuramente
produce una modifica nella composizione degli aromi essenziali e
quindi nel gusto. Una temperatura più alta fa sicuramente aumentare
il contenuto zuccherino nell’uva e di conseguenza il contenuto di alcool
durante la fermentazione. Tra qualche anno probabilmente se
vorremmo bere del Chianti con lo stesso sapore ed aroma e con la
stessa gradazione, dovremmo coltivarlo in regioni e territori ad una
altitudine maggiore

Cludio Pettinari – © Edizioni Scientifiche Italiane

ph dal Web
.
Riferimenti bibliografici
Berlese A.N. 1893a, Le malattie del vino e i metodi per prevenirle e combatterle,
in «Giorn. vit. enol.», Ed. Agr. I, Avellino.
Berlese A.N. 1893b, Il Valore dei fermenti selezionati nella vinificazione,
in «Giorn. vit. enol.», Ed. Agr. I, Avellino.
Berlese A.N.1894, Sul comportamento del rame in rapporto alla vegetazione
della vite e del Terreno, in «Riv. di patologia veget.», anche pubblicato
da «Revue Internat. de Viticult. et Oenolog.», Paris, 1894.
Conti A. 1872, Camerino e dintorni, Borgarelli, Camerino.
Di Stefano E. 2003, La produzione vinicola di Camerino e del suo territorio
secondo una fonte fiscale: anni 1562-1594, in «Proposte e ricerche»,
51, pp. 65-84.
Di Stefano E. 2007, Uomini risorse imprese nell’economia camerte fra XIII
e XVI secolo, «Per la storia dell’Università di Camerino – Studi e testi»,
8, pp. 157-184.
Sestin. F., Fabrini A. 1862, Studi analitici sopra i vini d’Italia/ di Fausto
Sestini di Firenze e Attilio Fabrini di Savignano (Romagna), Stab. Tip.
di G. Monti, Bologna.
Sannino F.A. 1905, Le alterazioni dei vini, quattordicesimo volume della
Biblioteca Agraria Ottavi,
Strampelli N. 1896a, Note sulla difesa contro la peronospora («Bollettino
del Comizio Agrario Camerinese», anno XXIX, gennaio-giugno, n. 1-6,
pp. 11-14.
Strampelli N. 1896b, Fillossera e viti americane, in «Bollettino del Comizio
Agrario Camerinese», anno XXIX, luglio-dicembre, n. 7-12, pp. 97-
101.
140 Claudio Pettinari
© Edizioni Scientifiche Italiane
Strampelli N. 1899a, La lotta contro l’oidio, in «L’Agricoltura Italiana»,
vol. 25, fasc. 400-401, 16-31 gennaio 1899, pp. 26-27.
Strampelli N. 1899a, Per la lotta contro la peronospora, in «L’Agricoltura
Italiana», vol. 25, 1899, pp. 146-147.
Strampelli N. 1899b, Rimedi alle malattie ed ai difetti dei vini, in «Bollettino
del Comizio Agrario Camerinese», anno XXXII, luglio, n. 7, pp.
53-55.
Strampelli N. 1901, La fillossera ci circonda, in «Bollettino del Comizio
Agrario Camerinese», anno XXXIV, settembre, n. 9, pp. 57-58