AL DI LA’ DELLE CIRCOSTANZE: Simone Saltarelli

La leggerezza, la superficialità con la quale spesso giudichiamo la vita degli uomini che hanno raggiunto alti obiettivi, tutto quello che sovente diamo per scontato, ci fa perdere di vista le reali difficoltà che tali uomini hanno dovuto affrontare.
Non è mai facile come pensiamo.

“Tu Simone puoi considerarti a buon diritto figlio d’arte.”

“Direi di sì, in casa Saltarelli i motori hanno sempre ruggito.
Papà è stato Campione Italiano in TT2 nell’81 con la Ducati, ma anche i miei zii Carlo ed Enzo correvano in moto e uno di loro è stato per anni anche il collaudatore proprio delle bicilindriche di Borgo Panigale.”

“Quindi sei salito presto sulle due ruote?”

“Nel ’92, a sette anni. Papà smetteva e io iniziavo a girare con le mini-moto. Le prime competizioni sono arrivate qualche anno dopo però, c’ho messo un po’ più degli altri ad imparare ad andare forte, ma papà non mi forzava più di tanto. Ha avuto la pazienza, forse sarebbe più giusto chiamarla saggezza, di aspettare che fossi pronto.

Con le mini-moto ho corso fino al ’99, quando a metà stagione mi dovetti ritirare, rinunciando anche al titolo che avevo quasi a portata di mano, per un incidente nel quale riportai la frattura di entrambi i polsi…che sfiga!

L’anno successivo passi alle ruote grandi. Per dire il vero, quando avevo 12 anni avevo già girato a Misano, ma quell’esperienza me la ricordo più per le mie capacità di mezzofondista che di pilota.

Scesi in pista il mattino presto per poter sfruttare al meglio l’intera giornata e invece, dopo pochi giri la moto si ruppe e tornai ai box percorrendo ¾ di circuito a spinta. Il danno del motore non fu riparabile al momento, e così decretò la fine di quella esperienza.

Nel 2000 ho disputato il mio primo Trofeo Aprilia combattendo per la conquista del titolo fino all’ultima gara. Gli avversari più forti erano Andrea Dovizioso, Michel Fabrizio e Luca Scassa. Nonostante non arrivai primo a fine campionato, quell’anno non fu male per la mia carriera. I problemi arrivarono nelle due stagioni successive (2001 e 2002) quando corsi sia l’Italiano che l’Europeo.”

“Che tipo di problemi? I soliti di chi corre? Quelli cioè inerenti alla ricerca degli stramaledetti spiccioli necessari per poter disporre di un mezzo competitivo?”.

“Esatto! Più sali di livello, più i soldi fanno la differenza. Sono andato sempre forte, ma purtroppo ho potuto fare affidamento solo sul budget familiare e sull’aiuto di qualche caro amico che ha creduto nelle mie potenzialità.

Quando nel 2003 i piloti con i quali battagliavo da anni in tutte la categorie sono passati ne vari Mondiali, chi in SuperBike, chi nella MtoGP, psicologicamente ho preso una bella legnata.

Nessuno degli addetti ai lavori aveva messo in dubbio le mie capacità, ma il mio portafoglio sì. Mi ci è voluto tanto tempo per ingoiare quel rospo. Certe cose fanno male perché ti trovi a combattere un avversario che non ha niente a che vedere con quello che vuoi e sai fare, una lotta che non tiene minimamente conto dei valori reali e che privilegia unicamente le subdole macchinazioni di chi fa business, non lasciandoti alcuna chance di vittoria.

Pur di continuare a correre nel 2004 e nel 2005 gareggiai nelle moto di serie, Campionati abbordabili sotto il punto di vista economico.

Visti i brillanti risultati, nel 2006, arrivò la convocazione della Kawasaki Italia per disputare in sella ad una loro moto il Campionato Mondiale SuperStock. Mi si dava finalmente l’occasione per esprimermi con un mezzo competitivo ma, a metà stagione, nonostante le mille promesse del team che mi assicurava la sella per tutto il Campionato, e nonostante che arrivassi costantemente nei primi 5, una mattina mi convocarono nel loro ufficio e, in pratica, mi chiesero dei soldi per finire la stagione….guarda caso. Così presi l’ennesima tranvata e rimasi a piedi un’ altra volta.

2007 e 2008 non furono anni migliori. Potei disputare l’Italiano con una Suzuki messami a disposizione da una carissima persona che tifava per me, ma all’epoca la moto giapponese non era così evoluta come la conosciamo oggi.

Solo ora mi rendo conto di quanto ho sofferto per tenere duro e tornare a vincere.

Nel 2009 feci 3° nell’Europeo e quel risultato convinse la Michelin ad “utilizzare” la mia esperienza nominandomi tester ufficiale dei nuovi pneumatici prima di metterli in produzione, sia stradali che da pista.

Dal 2010 corro in SuperBike.
Iniziai con la Ducati: tanti risultati, ma anche tanta scalogna.
Tu pensa: in tre gare diverse si spezzò la leva del cambio, quindi fui costretto al ritiro per un pezzetto d’alluminio da pochi euro. Una volta addirittura nel giro di ricognizione prima della partenza, e il sabato avevo stabilito la pole.

Nel 2012 correvo con la 1198, e quando a metà Campionato stavo lottando per il vertice della classifica la Ducati mi costrinse a salire sulla Panigale che era da poco uscita.
Quella moto non andava, però, per le leggi di mercato, l’azienda non poteva rischiare che il vecchio modello andasse più forte dell’ultimo nato. Se vuoi conferma di quello che ti sto dicendo basta andare a vedere quello che combinò Carlos Checa con quel modello lì, lui che era Campione del Mondo.”

“Tutti questi anni di competizioni cosa ti hanno insegnato?”

“A non mollare mai. Ho un carattere che lì per lì, quando qualcosa va storto, mi fa un po’ rinchiudere in me stesso, e a volte ci metto un po’ per metabolizzare, ma non smetto mai di crederci in quello che mi piace fare. Soffro un po’, poi mi rimetto a testa bassa e tiro dritto per la mia strada, non mollo.”

La stagione 2017 vedrà Simone di nuovo in pista per combattere nel CIV (Campionato Italiano Velocità), insieme e contro i tanti campioni nostrani e non che non hanno trovato un ingaggio nel Mondiale.
Chi sa di corse sa anche che le battaglie più cruente di un pilota non sempre sono quelle che si vedono in pista o in televisione. Ci sono lotte, a scarichi muti, a volte molto più dure da affrontare. Non producono decibels, ma un frastuono interiore che sarebbe insopportabile per chi non possiede nei suoi dati anagrafici una annotazione: “nato per correre”.

Mamo

ph prese dal profilo di Simone Saltarelli